lunedì 29 gennaio 2007

Morire davanti ad un quadro



Mi era noto che al cospetto di un’opera d’arte gli esseri umani qualche volta sono vittime della sindrome di Stendhal, che è una sensazione di malessere diffuso ed improvviso (specialmente vertigini) ma di breve durata.
Leggendo “La prigioniera”, quinto libro appartenente: “Alla ricerca del tempo perduto” scritto dal sublime Proust, sono venuta a conoscenza che lo scrittore fa addirittura morire un suo personaggio davanti ad un quadro.
L’uomo a cui accade questo fatto è lo scrittore Bergotte. Erano mesi che non usciva da casa a causa della sua salute precaria. Un giorno lesse su di una rivista un articolo scritto da un critico d’arte, che annunciava l’imminente mostra d’alcuni pittori olandesi.
Con molta fatica e sofferenza, Bergotte si recò all’esposizione per rivedere in particolare “La veduta di Delft" (1658) dipinta da Vermeer (prestata dal Museo dell’Aja). Lo scrittore adorava questo quadro, che considerava il più bello del mondo e del quale gli sembrava di sapere tutto. Giunto davanti alla tela, all'improvviso il suo sguardo fu catturato da un piccolo lembo di muro giallo, dipinto così bene da apparirgli, come il simbolo stesso della perfezione: quella perfezione che Bergotte credeva di aver raggiunto dedicando la sua vita alla scrittura. Il malessere aumentò e prima di crollare rovinosamente a terra pensò: “ E’ così che avrei dovuto scrivere. I miei ultimi libri sono toppo secchi, avrei dovuto stendere più strati di colore, rendere la mia frase preziosa come quel piccolo lembo di muro giallo."

In realtà Bergotte non è altro che Proust, il quale nel 1921 visitò realmente quella mostra e davanti a tanta bellezza si sentì male e prese la decisione di aggiungere colore alla sua scrittura.

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