giovedì 30 novembre 2006

La bambina e l'uccellino incantato

La bambina e l’uccellino incantato.

Sabato scorso ho ascoltato su Radio tre un’intervista allo scrittore Rubem Alves.
Durante questa piacevole chiacchierata, ha raccontato una favola scritta per sua figlia Rachele, la quale, tutte le volte che lui parte si rattrista e lo prega di non lasciarla sola.
La bimba ha soli quattro anni, così tramite questa storia ha cercato di farle capire un concetto che per lei sarebbe stato difficile da comprendere.

Tra una bambina e un uccellino incantato, che possedeva penne variopinte dai colori dei luoghi che visitava, era nata una splendida amicizia. Purtroppo l’uccellino ogni tanto doveva partire per nuovi lidi. La piccola lo pregava di non lasciarla sola, ma lui doveva farlo, poiché, la sua bellezza dipendeva dai viaggi che lui intraprendeva e dalla nostalgia che lei provava durante la sua assenza. La bimba decise che quando sarebbe tornato lo avrebbe chiuso in una gabbia. Dopo qualche tempo l’amico tornò e mentre dormiva la piccola lo catturò. All’improvviso fu svegliata da un urlo terribile di disperazione. Il prigioniero le fece notare di aver commesso un gravissimo errore. Chiuso in gabbia si sarebbe rattristato, le sue piume avrebbero perso i colori e lei avrebbe smesso di amarlo. La bimba capì di essersi comportata da stupida, così, aprì la porta della gabbia e lo lasciò libero. Mentre esso si allontanava, l' avvertì che questa volta la sua assenza si sarebbe protratta più a lungo per riacquistare i  colori e la rassicurò che sarebbe tornato, bello e interessante come prima.
La piccina da quel giorno cominciò a vivere il suo mondo incantato nell’attesa. Indossava vestiti sgargianti, deponeva fiori colorati nei vasi. Aveva compreso che anche la nostalgia era necessaria per rendere più forte la loro amicizia.

Morale: quando si ama veramente una persona è indispensabile non tarparle le ali. Questa poesia è densa di significati. Gli psicologi asseriscono che può essere d’aiuto anche all’interno delle coppie che spesso scoppiano proprio per mancanza di libertà. Qualche teologo leggendo la favola ne ha visto una metafora di Dio chiuso nelle chiese.

domenica 26 novembre 2006

Viaggio

Viaggio in treno, vado a lavorare
torno e riesco anche a sognare.
il rumore già mi culla,
gli occhi assorti son nel nulla.

Rivedo una bimba: avversa al male
Occhi chiari, viso ovale,
che pensava a un mondo giusto
dove vivere con gusto.
Son cambiati i tempi e i treni,
nello specchio vedo i segni:
occhi chiari, viso smunto,
della vita ho fatto il punto.

Forte urlo il mio dissenso,
sordo è il mondo a quel che penso
ed ostenta indifferenza
a cotanta  sofferenza.
Solo ora finalmente
vedo tutto chiaramente,
son felice sia avvenuto
pria che il tempo sia scaduto.

giovedì 23 novembre 2006

I mangiatori di patate

Vidi per la prima volta questo quadro, su di una rivista d'arte di mio zio e fu.....amore a prima vista!
Van Gogh dipinse "I mangiatori di patate" nel 1885. La tela ritrae una scena di vita familiare in una misera capanna di Nuenen (Olanda). Intorno ad un tavolo cinque contadini, sotto la luce avara di un lume, consumano la cena a base di patate bollite e caffè. La luce fioca mette in risalto i visi sconvolti dalla fatica e le mani grandi e sgraziate, per il duro lavoro. La tela è dipinta in una tonalità verdastra, come le patate che hanno avuto un colpo di gelo.
La riproduzione di questo quadro campeggia nella mia camera da letto. Mi rammenta sia quando mi abbandono nella braccia di Morfeo, sia al mio risveglio che il ciclo della vita  rinasce senza posa attraverso il mistero della terra Nutrice. Da questa tela traspare questa filosofia : accontentarsi di avere di che mangiare, bere,vestire e dormire. In questo  mondo invaso da cose inutili e superflue per me questo è un memento.
Grazie VINCENT!

venerdì 17 novembre 2006

Le mani

Lavorare. Parlare. Esprimere dei sentimenti. Dare la vita. Se la specie umana può fare questo ed altro lo deve a questi meravigliosi gioielli dell'ingegneria naturale. Caratteristica peculiare delle mani umane, che le rende uniche nel regno animale, è la così detta "presa a pinza" effettuata tra il pollice e l'indice (o altro dito). La mano afferra, comunica e crea, ma quella che cura per me è un vero miracolo.
Vi ricordate quando da bambini la mamma ci faceva "il massaggino sulla bua"? Con questo semplice gesto "il contatto e la pressione" favorivano la produzione d'endorfine, naturali soppressori del dolore. Tanto tempo fa sfogliando una rivista osservai una fotografia che mostrava la mano di un bimbo ugandese in quella di un soccorritore. Rimasi molto turbata e mi resi conto dell'importanza di questa parte del corpo umano. Il gesto della mano che da sempre mi emoziona è: LA CAREZZA. Essa può consolare, spronare e rendere tangibile l'amore provato da un essere umano nei confronti di un suo simile. E' un movimento apparentemente facile ma quando è fatto con sentimento, infonde una carica d'energia infinita, meglio di un ricostituente. Cosa c'è di più consolatorio, dopo una giornata stressante? Naturalmente la mano di una persona cara, che dolcemente ti accarezza la fronte e poi con voce soave ti sussurra: "POVERINA"
A questo proposito v'invito a visionare il film "HARVEY" con James Stewart, nel quale si tratta di questo argomento.
Vi lascio inviando a tutti una CAREZZA.

lunedì 13 novembre 2006

Le memorie di Adriano

Parecchio tempo fa, ho letto il libro intitolato "Le memorie di Adriano", scritto da Marguerite Youcernar. Il libro venne pubblicato in Francia nel 1951 (da noi solo nel 1963 da Einaudi). Il successo fu sensazionale, lo è stato per decenni, lo è adesso e lo sarà sempre perchè è una scoperta commovente e sublime che va oltre la documentata(e inventata) vita di questo imperatore romano. Adriano visse nel II° secolo dopo Cristo (dal 76 al 138) e fu un grande legislatore, un ottimo riformatore e un uomo molto sensuale: insomma un vero intellettuale. Vi trascrivo alcuni suoi pensieri che mi hanno colpita per la loro modernità che confrontati a quelli dei nostri politici attuali non mi resta che.........PIANGERE

Fece incidere sulle sue monete queste parole: Umanità, Felicità, Libertà.
Era convinto che una parte dei nostri mali dipendesse dal fatto che troppi uomini sono oltreaggiosamente ricchi o disperatamente poveri.
Asseriva che la menoria della maggioranza degli uomini è un cimitero abbandonato, dove giacciono senza onori i morti che essi hanno cessato di amare.
Costruire significa collaborare con la terra.
Ricostruire significa collaborare col tempo.
Alla fine dei suoi giorni pronunciò queste parole: Durante il mio impero ho meditato e lavorato per migliorare la vita degli uomini attrezzandola come una bella imbarcazione ben munita per un viaggio che spero durerà molti secoli. Il mio compenso:
LA FELICITA'

martedì 7 novembre 2006

Magia

Nell'estate del 1998 seduta sul terrazzo di casa mia, leggevo il mensile dell'Italia che scrive: "LETTERE". All'interno della rivista vi era una pagina nella quale l'editore spronava i lettori a spedire alla redazione un proprio lavoro. Poichè stavo attraversando un periodo della mia vita poco colorato, decisi di scrivere una lettera e la inviai senza nessuna speranza. Il tempo passava e non pensavo più a quella spedizione, ma un giorno il telefono squillò.....
Dall'altra parte della cornetta una gentile redattrice mi informava che il mio lavoro sarebbe stato pubblicato nel mese di dicembre. Rimasi sbigottita e incredula. Attesi l'uscita della rivista e quando vidi la mia lettera pubblicata, pur rimanendo con i piedi per terra, ne fui orgogliosa. Passarono circa tre settimane e il telefono tornò a squillare. Questa volta a chiamare era una dottoressa che conduceva su di una emittente televisiva romana, una rubrica medica tipo ELISIR. La signora mi raccontò di aver letto ciò che avevo scritto sulla rivista e che ne rimase talmente colpita che aveva usato il mio argomento in una puntata della sua rubrica e che al più presto mi avrebbe spedito una videocassetta con la registrazione.
Terminata la telefonata rimasi immobile e pensai: come era stato possibile che un semplice pensiero avesse avuto la forza di smuovere la coscienza di tante persone, creando eventi per me impensabili?
Dopo questo racconto sicuramente avrò acceso la vostra curiosità cosi vi trascrivo la lettera che ha compiuto la MAGIA.

Caro Albert.
Sono cinque anni che nessuno parla più di te, mio grande e vero eroe. Tu con molta generosità hai donato a tutti i bambini del mondo il vaccino antipoliomelite. Io mi ricordo, sai, cosa voleva dire essere colpiti da questa terribile malattia: morire o rimanere invalidi per tutta la vita. Quelle gocce magiche che spandendosi su di un zuccherino hanno rischiarato e rischiarano il cammino delle nuove generazioni, sono nate da anni di tuoi faticosi studi. Con mio rammarico ho notato che oggi molto spesso i ragazzi sono esperti in moduli calcistici o di internet  ma non sanno chi era Albert Sabin. Stai tranquillo non tutti ti hanno dimenticato così in fretta,io ti penso sempre e ho insegnato a mia figlia ad essere riconoscente verso un amico che ci ha donato tanto senza chiedere niente.
Con affetto    
                                                     ANGELA

sabato 4 novembre 2006

REBUS

Oggi mi sento birichina...
desidero infatti darvi un consiglio... ma per ottenerlo... dovrete faticare un pochino!
Eccolo:
NELLA VITA, TALVOLTA...

Buon fine settimana a tutti!