(Martha Kolodziej, pittrice naif)
Tanti anni or 
sono, fui assunta dalle Poste Italiane con l’incarico di postina 
trimestrale.Durante i mesi che svolsi questo lavoro, amato sin 
dall’infanzia, ho vissuto delle esperienze umane indimenticabili.Ricordo
 con tenerezza gli innamorati, che mi aspettavano con ansia all’inizio 
del mio giro, per ricevere al più presto le lettere dei loro amati.Rivedo
 i vecchietti con problemi di mobilità che mi donavano un “cadeau”, 
felici di ricevere la pensione e con i quali scambiavo qualche parola 
per stemperare la loro solitudine. Vividi sono i visi dei furbetti, che 
affermavano di non essere gli interessanti quando adocchiavano le buste 
verdi delle multe. Non scorderò mai la gentilezza di due coniugi 
indiani, custodi di una villa, che per riscaldarmi in una mattina gelida
 di febbraio, mi offrirono una speziata tazza di the caldo. Percepisco 
ancora il calore dell’accoglienza che ricevetti da una famiglia rom alla
 quale consegnai un’assicurata e sento il cigolio della ruota nella 
quale deponevo la posta per le suore di clausura.Ero felice,svolgevo il 
mio lavoro con passione e rispetto perché ero cosciente della sacralità 
della posta.Purtroppo
 giunse il giorno in cui scadde il contratto e alla tristezza si 
aggiunse l’avvilimento, per aver imparato tante procedure, che non avrei
 mai più messo in pratica.Mi convocò il capo servizio e mentre gli 
consegnai i sacchi di iuta e gli elastici con i quali raccoglievo la 
posta, mi guardò e affermò che era dispiaciuto di perdere una postina 
che aveva lavorato con tanto entusiasmo. Proseguì promettendomi che 
avrebbe redatto una pagellina con ottimi giudizi, con la speranza di 
potermi rivedere.Nel
 mio cuore avevo la certezza che  era stato vano,lavorare con passione, 
precisione ed entusiasmo perché nella nostra società  è più utile “un 
calcio nel sedere” o un santo in paradiso. 
P.S. Dimenticavo per ottenere la ricongiunzione dei contributi maturati ho dovuto attendere sette anni.
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