mercoledì 7 febbraio 2007

Il mio lavoro

Sono passati alcuni mesi dal giorno che mia figlia mi ha regalato questa finestra da cui mi affaccio sempre con gioia ed interesse. Con molti di voi ho instaurato una bella amicizia, per cui desidero raccontarvi qualcosa di personale per conoscermi meglio. Oggi vi prendo per mano e vi conduco  nel mio mondo lavorativo. Sicuramente la parola audioprotesista vi suonerà strana, ma è questo il lavoro che svolgo da molti anni. Le persone  che si rivolgono a me, hanno problemi di ascolto. La sordità è un ostacolo difficile da superare in qualsiasi modalità ed entità essa si manifesti. In particolare può impedire lo sviluppo dei rapporti interpersonali, in quanto rende difficile la comprensione del linguaggio e in molti casi costituisce una barriera che isola le persone. Se l'ipoacusia insorge in età pre-verbale, il bambino non ancora padrone della lingua e non  in possesso dei requisiti per apprenderla, corre il rischio di diventare anche muto. Nel momento in cui, le persone (di tutte l'età) giungono alla conclusione di aver delle deficienze dell'apparato uditivo e si rivolge nel centro dove lavoro,la prima cosa che faccio è quella di rassicurarle. Ascolto le loro problematiche, raccolgo i dati anamnestici e controllo con l'otoscopio elettronico lo stato del condotto uditivo. Per concludere li sottopongo ad un esame audiometrico, attraverso il quale ho la possibilità di capire il grado della sordità e decidere il tipo di apparecchio acustico più adatto al caso. Bisogna usare tatto e discrezione per raggiungere risultati ottimali. Naturalmente prima che le persone possono indossare i loro apparecchi con disinvoltura, ci vuole un periodo di adattamento abbastanza lungo. Il momento più gratificante (per me) è quando si presentano ai controlli, perchè mi rendo conto che gli apparecchi acustici hanno praticato una magia! I loro visi non sono più tesi, lo sguardo è vivo e gli occhi non sono sgranati, sono calmi, ma soprattutto il sorriso è riapparso sulle loro labbra. Mi raccontano le gioie ritrovate: risentire le voci amate, riscoprire i soavi suoni della natura, assaporare la bellissima sensazione del soffio del loro respiro e finalmente la possibilità di capire gli altri e poter rispondere a tono. Per tutti questi motivi la sera quando ritorno a casa, sono soddisfatta perchè nel mio piccolo contribuisco a rendere felici tante persone. Probabilmente dovranno passare ancora molti  anni prima che la gente cominci a considerare l'apparecchio acustico altrettanto "normale" di un paio di occhiali o di lenti a contatto, ma prima o poi spero che ci si arriverà.

Spesso penso che se il mio amato Beethoven avesse potuto usufruire di questi ausili sicuramente non si sarebbe fermato alla nona sinfonia!

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